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PALAZZO CHIGI
STORIA
Fu costruito nella seconda metà del XV secolo per volere di Carlo Caetani che, da Pisa, si trasferì a Viterbo per le forti potenzialità strategiche di tale città nel controllo del traffico di allume tra la Tolfa e la Toscana. L’edificio, edificato in un’area da tempo occupata dai magazzini di facoltosi mercanti toscani, s’inserisce perfettamente in un contesto urbano più antico, di cui inglobò alcune strutture, senza abbandonare forme architettoniche proprie del Rinascimento ed espresse soprattutto nella realizzazione della facciata. In tutti rispondente al gusto rinascimentale è il cortile interno, caratterizzato da un colonnato su due livelli, coperto sul lato meridionale da lunette poste su peducci e, su quello orientale, da volte a crociera. Eretto nella seconda metà del Quattrocento per volere della famiglia Caetani, mercanti pisani trasferitisi nella città, l’edificio fu acquistato dai Chigi nel primo decennio del Cinquecento. Lo stabile, di notevole interesse artistico, è stato lasciato in disparte dagli storici, facendo eccezione per lo studio esauriente condotto dalla Dottoressa Simonetta Valtieri che, però, si è soffermata soltanto sull’aspetto architettonico e sulla relativa committenza. Sono stati, invece, gli affreschi presenti nelle stanze del palazzo che hanno colto il nostro interesse, non solo per la buona qualità e per la loro discreta conservazione, ma soprattutto per l’essere inediti. La mancanza di ricerche sugli stessi ha lasciato per troppo tempo queste pitture nell’ombra; pertanto si è ritenuto importante dedicare uno studio su questo apparato pittorico rilevante per la storia dell’arte viterbese.
DESCRIZIONE
La struttura a bugne del palazzo anima le due facciate rese ancor più movimentate da un gioco di pieni e di vuoti determinato dai grandi portali stemmati e da tre ordini di finestre; mentre l’interno è arricchito da un atrio con portico, da un giardino a terrazzo e, al primo piano, da una luminosa loggia. Infine percorrendo gli ambienti più interni, ci appaiono gli affreschi inediti. Molto interessante è stata l’analisi di un ciclo di pitture nascosto da una volta ribassata e rimasto per decenni “perduto” tra il soffitto originale e quello nuovo realizzato nella seconda metà del Settecento. Attraverso una botola, aperta nel pavimento della piccionaia, si possono scoprire queste decorazioni. L’opera, voluta dalla famiglia Caetani, il cui stemma appare di consueto tra le pitture, presenta una fattura non eccezionale, ma assai rilevante è la presenza di volti di donne, uomini e vecchi all’interno di clipei e motivi quadrangolari, la cui attenzione nella resa fisiognomica e nei particolari fanno dedurre che siano specifici ritratti di membri del casato stesso. Il ciclo, singolare anche per la presenza di puttini su delfini e omini su festoni che tirano e tagliano nastri rossi, risulta essere un unicum nella pittura viterbese di questo periodo. Lo stile quasi caricaturale e la stessa tipologia non si trovano infatti in altri edifici coevi collocati nel territorio. Altri due ambienti interessanti in cui la presenza degli stemmi Chigi e Poggi ha consentito di individuare la loro realizzazione alla fine del Cinquecento, per l’uno, e agli inizi del Seicento, per l’altro. Nella prima sala, che abbiamo chiamato la Stanza di San Paolo, figurano dodici episodi dipinti in un fregio, raffiguranti storie tratte dalla vita del Santo; mentre nell’altro ambiente, lo Studiolo, ci si mostrano scene di paesaggio, di caccia e figure mitologiche. La fattura notevole delle pitture fa pensare che le maestranze che vi lavorarono fossero personalità dotate di una buona capacità e di un certo rilievo artistico. Uno studio comparativo ha evidenziato delle forti similitudini con altre opere viterbesi ed affreschi presenti in palazzi nei paesi limitrofi. In particolare si colgono interessanti analogie con lo stile di Marzio Ganassini attivo nel Chiostro della SS. Trinità a Viterbo, nella Cappella Nuova nel Palazzo dei Priori, sempre in questa città, e nella Palazzina Montalto a Villa Lante in Bagnaia. Le affinità tra le opere di Marzio Ganassini ed il Ciclo Chigiano, fanno ruotare l’interesse attorno a questo individuo, ma la mancanza di fonti documentate, di atti notarili, di accordi tra l’artista ed il committente non ci permette di avere indiscutibili certezze; inoltre è da prendere in considerazione anche la presenza di figure secondarie, come garzoni o aiuti di bottega, che agivano sotto la direzione dei maestri. Ad intervallare le Storie Paoline compaiono inoltre degli angioletti talamone di ottima fattura e innegabilmente similari, sia nella resa pittorica, sia nello stile che nella tipologia, ai puttini presenti nel fregio del Salone di Conversazione nella Palazzina Montalto a Villa Lante in Bagnaia. Quest’opera fu realizzata da Agostino Tassi il quale, proprio nella Palazzina, aveva eseguito degli affreschi a fianco del Ganassini citato. In un’altra stanza di Palazzo Chigi, lo Studiolo, delle divinità mitologiche risultano essere molto vicine alle figure tassiane e a quelle dipinte dal Cavalier d’Arpino sotto la cui direzione si svolsero proprio i lavori per il Cardinal Montalto. Per concludere bisogna ricordare come Viterbo sia “una città in Tempesta”, questa definizione per sottolineare come le stampe di Antonio Tempesta circolassero in tutto il territorio viterbese con estrema facilità e frequenza; l’operato di questo artista lo troviamo infatti in palazzi collocati nella provincia come a Bassano Romano, a Caprarola e a Bagnaia. Nello Studiolo, non di meno, sono presenti scene venatorie che riprendono le acquaforti dello stesso così come nella città, in Palazzo Lomellino ed in Palazzo Especo y Vera, sono affrescate scene di caccia riconducibili fuori dubbio ai disegni del maestro. Il presente studio ha esaminato anche altre pitture “minori” realizzate all’interno dell’edificio per la cui analisi si è fatto ricorso esclusivamente al metodo warburghiano, sempre per la consueta mancanza di prove inequivocabili che sembrano essere totalmente assenti nella ricostruzione artistica del nostro palazzo. Le aspettative di trovare conferme e certezze sugli affreschi inediti di questo cantiere sembrano, pertanto, non essere state realizzate pienamente, ma le metodiche qui utilizzate per inserire le pitture in un contesto storico, in un periodo specifico ed in un ambito artistico, crediamo siano state utili per “ripulire” gli affreschi dalla patina di ignoranza che li ricopriva.