
CHIOSTRO DELLA BASILICA SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLA QUERCIA
LA STORIA
Le prime notizie sul Chiostro di Santa Maria della Quercia sono del 1479. Il chiostro viene detto anche della Cisterna. Un documento del 1481 riporta come dovrà essere costruito il chiostro, un compromesso fra i mastri muratori viterbesi Danese di Viterbo, Giacomo Rempiccia, e Giacomo di Sermona e Bartolino da Como. Già lo storico Mortier aveva attribuito il lavoro a Danese da Viterbo. Il documento denota che la tipologia del chiostro doveva essere un accordo fra opinioni diverse che spiegano la similitudine con il chiostro di Santa Maria in Gradi. Secondo lo storico Ciprini il progetto è di Giuliano da Sangallo. Su alcuni schizzi rinvenuti infatti il progettista avrebbe voluto nella parte inferiore l’arco fosse a tutto sesto come nella parte superiore. Evidentemente la soluzione è stata trovata con un accordo fra i muratori perché il chiostro risulta essere con archi a quattro centri.
Altri lavori vennero fatti successivamente aggiungendo una scala di collegamento con una parte del convento. La costruzione della Cisterna è stata fatta nel 1503 da Bruno di Domenico da Settignano e dallo scalpellino Capo Corso. Sull’architrave della Cisterna è scolpito: Omnis q bibit ex aqua hac sitiet iterum (chi berrà di questa acqua avrà sete di nuovo). Sopra il tetto della sagrestia si erge un piccolo campanile rintracciabile anche in uno degli affreschi dell’artista Calisto Calisti del 1623.
DESCRIZIONE
Antonino Mortier descrive il chiostro definendolo come “una selva di colonnette ordinate a due a due che sostengono i peducci di una moltitudine di archi”. Tutto è composto con molta eleganza e con ricchezza di dettagli. Anche il gioco di luci creato dal corridoio formato dalle colonnine contrapposto alla luce del cortile interno invita al raccoglimento e crea una suggestione mistica. Il chiostro si presenta a due piani, la parte inferiore da archi a quattro centri mentre la superiore intervallati da pilastri che si collegano alla parte superiore dove troviamo un gioco di luci fatto di due archi a tutto sesto. La fascia di divide orizzontalmente i due piani è arricchita da piccoli rosoni finemente cesellati e che probabilmente rappresentano una simbologia precisa. Il chiostro si presenta con tre ingressi, uno sul lato della sagrestia,uno sul lato della chiesa e l’ultimo sl lato del Convento. Il corridoio del chiostro si presenta coperto con volte a crociera, sulle vele del muro portante troviamo affreschi che rappresentano alcuni personaggi domenicani o papi mentre nelle lunette storie della vita della Santa, posti lì probabilmente solo in un momento successivo alla sua costruzione. Nel 1602 il Consiglio dei frati della Quercia decise che si doveva affrescare le pareti del Chiostro della Cisterna con le storie di Maria che altrimenti sarebbero andate perdute. L’incarico venne affidato a Pompeo Carosi che dipinse le prime tre lunette. Sempre negli stessi anni troviamo documenti relativi al pagamento di altri artisti, Camillo Donati di Bagnaia,( la cacciata dei nemici da parte delle donne di Bagnaia) Ludovico Nucci di Viterbo,(la Città di Viterbo con alla testa i suoi priori si consacra alla Madonna della Quercia). Nel 1630 Pier Domenico Alberti fa dipingere il suo miracolo. Il lettore fra Michele Zazzera (1625-6) fa dipingere il riquadro con doppio miracolo di Bernardo Franceschetti e di don Ferrante Farnese mentre nel 1631 frate Pio Onori commissiona l’episodio della battaglia di Lepanto con Pio V in orazione. L’ultimo affresco cronologicamente è del conte Girolamo Gabrielli da Gubbio eseguito nel 1663.
Otto affreschi portano lo stemma del Convento della Quercia altri quello della Comunità di Canapina, delle famiglie Bussi, Nini e Poggi. Nel maggio del 1601 Cesare Nebbia riceve sei scudi per una pittura eseguita sopra la porta del chiostro. Secondo lo storico Ciprini potrebbe trattarsi del miracolo di Giacomo Romani caduto dalla rupe di Orvieto e situato sopra la porta d’ingresso al chiostro. Alcuni degli affreschi posti sulle lunette, ad intervallare la decorazione delle vele sono stati realizzati nel 1628 a spese dell’”Aromatarius” altri nel XVIII secolo dal pittore viterbese Costantino Costantini. Le mensole sottostanti ai ritratti arricchiscono il chiostro attraverso una elegante lavorazione del peperino. Nel 1832 nei libri di amministrazione dei Padri Domenicani è presente un compenso di tre scudi ad Angelo Papini per il restauro delle lunette. Angelo Papini viene ricordato nella storia di Viterbo come il primo della famiglia Papini che dal 1820 costruirono la Macchina di Santa Rosa.
BIBLIOGRAFIA
A.Mortier, Santa Maria della Quercia, Firenze 1904
G.Ciprini, La Madonna della Quercia, una meravigliosa storia di fede, Quatrini, Viterbo, 2005
B. Barbini , Il Santuario della Quercia, in “Lunario Romano”, Roma, 1992