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La più antica attestazione dell’esistenza del complesso monastico è del 1235 quando Matteo, vescovo di Viterbo e Tuscania, scrive alle monache del monastero di Santa Maria Vergine dell’Ordine di San Damiano di Viterbo concedendo loro l’esenzione dalla giurisdizione vescovile.
Info: Tel: 0761 342887- E-Mail: monasterosantarosa@alice.it
MONASTERO DI SANTA ROSA
LA STORIA
Il monastero di Santa Rosa, situato nel centro storico di Viterbo, annesso all’omonimo Santuario, affonda le sue radici nel lontano XIII secolo.
La più antica attestazione dell’esistenza del complesso monastico è del 1235, quando Matteo, vescovo di Viterbo e Tuscania, scrive alle monache del monastero di Santa Maria Vergine dell’Ordine di San Damiano concedendo loro l’esenzione dalla giurisdizione vescovile. Il documento immette in una situazione di fatto: il monastero appare già esistente, intitolato a Santa Maria, legato all’ordine di S. Damiano e riconosciuto dal presule. L’indulgenza di quaranta giorni concessa da Gregorio IX il 18 settembre 1239 ai sostenitori della fabbrica del monastero e della chiesa annessa dimostra che l’edificazione di tale complesso era ancora in corso (cfr. Casagrande, Da sorores minores).
Il monastero, costruito presso le mura della città nella contrada di Porta San Marco, probabilmente fu eretto sfruttando in parte i ruderi del palazzo di Federico II, lì un tempo edificato.
Le pergamene duecentesche dell’Archivio del monastero di Santa Rosa mostrano una comunità in solida e decisa affermazione: entra in possesso di vigne e mulini, si incamerano doti, acquisisce beni mobili ed immobili. Essa rimane afferente all’ordine Damianita fino agli anni Sessanta del Duecento, quando abbraccia la regola di Santa Chiara scritta da papa Urbano IV: in atti del 1267 e 1268 la comunità del monastero viterbese è, infatti, ormai qualificata dell’Ordine di S. Chiara. Le monache da questo momento in poi diventano Clarisse Urbaniste (cfr. Casagrande, Da sorores minores). L’intitolazione del monastero a Santa Rosa compare solo agli inizi del Trecento. Nel 1309, nell’ambito di una complessa questione ereditaria tra un tal Giovanni e il monastero, questo viene indicato come monastero delle domine di Santa Rosa (cfr. Casagrande, Da sorores minores).
L’indagine in partibus promossa da papa Innocenzo IV nel novembre 1252 e la traslazione del corpo nell’odierno monastero di Santa Rosa ordinata da papa Alessandro IV, probabilmente nel 1258, contribuirono ad alimentare il culto e il fervore cittadino per la vergine viterbese e la crescita del monastero.
Nel 1357 un incendio danneggiò pesantemente la chiesa. Un altro incendio nel 1410 provocò il crollo del dormitorio e di tutti i principali corpi di fabbrica. Fu possibile ricostruire e riparare l’edificio devastato dal quest’ultimo incendio solo nel 1437, grazie a una donazione di 100 ducati offerta da Francesco Menici. L’anno successivo la Camera Papale provvide anche a restaurare le mura cittadine adiacenti al monastero.
La prima metà del xv secolo vide, quindi, un intenso fermento attorno al complesso monastico, ma fu il 1450, l’anno del Giubileo indetto da papa Niccolò V, a fare la differenza. Furono, infatti, raccolti circa 5.000 ducati d’oro con i quali fu possibile finanziare i lavori di ricostruzione e abbellimento del monastero. Oltre al restauro del piccolo chiostro, del portico e di altri locali, si dotò il tempio di un organo e fu rifatta la balconata, dipinta da Paolo Romano, per ospitarlo, nonché la vetrata della finestra ogivale dell’abside.
Nella cappella della Santa fu costruita una nuova arca per alloggiarvi il Corpo Santo e vi fu adattata una cancellata di ferro di buona fattura, opera dei maestri viterbesi Simone e Ducato di Giovan Battista. Il soffitto della chiesa fu decorato dal pittore viterbese Valentino Picca e, inoltre, fu commissionato un polittico a Francesco di Antonio Zacchi, detto il Balletta, cui si richiese anche la decorazione e la doratura della nuova urna della Santa. Fu chiamato, infine, anche Benozzo Gozzoli per realizzare gli affreschi che avrebbero ornato il Catino absidale del Santuario fino al primo quarto del XVII secolo. (Signorelli, Santa Rosa, pp. 223-224; Rava, Bella memoria anticha).
Nel 1632 fu necessario ampliare quello che era divenuto uno spazio troppo angusto per la moltitudine di pellegrini che visitavano il corpo di santa Rosa. Si decise quindi di ampliare gli ambienti della chiesa e demolire anche la parete dove erano stati dipinti gli affreschi del Gozzoli (1646); si ricostruì in peperino tutta la facciata della chiesa, il campanile e si riorganizzò l’interno dell’aula di culto, sul cui lato destro, alcune grate permettevano alle monache di clausura di assistere alle funzioni religiose (cfr. Signorelli, Santa Rosa, p. 245).
Sempre nel XVII secolo, un nuovo incendio, innescato questa volta da una candela, coinvolse il corpo incorrotto di Santa Rosa al tempo custodito in una cassa di legno. Vestiti ed oggetti furono bruciati dal rogo, gli ori e gli argenti dell’arca fusi, ma miracolosamente il corpo di santa Rosa si salvò, benché rimase annerito. Le monache fecero realizzare temporaneamente una nuova cassa di legno per ospitare il Santo corpo (oggi conservata al museo della Casa di Santa Rosa), per poi affidare nel 1699 ad un grande maestro, Giovanni Giardini da Forlì, argentiere della casa reale d’Inghilterra, la realizzazione dell’urna che definitivamente accolse la Santa e che tuttora è possibile ammirare nella cappella di Santa Rosa. Il complesso monastico continuò a svilupparsi nel corso dei secoli tra alti e bassi legati al culto della Santa. All’ombra di Rosa sbocciarono fiori di santità e di opere caritative: in epoca recente, per esempio, si assiste alla nascita dell’Azione Cattolica Italiana per opera di Mario Fani (1867). Nel 1922 papa Benedetto XV ha proclamato Rosa patrona della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Ben ventisette sommi pontefici hanno visitato il Corpo della Santa e ne hanno avuto speciale cura. Tra questi Paolo VI, che tanto fece per il riscatto del monastero e del Santuario avvenuto nel 1971. Nel corso degli ultimi lavori di restauro effettuati nel 1998, riguardanti il corridoio e la scalinata che dall’ingresso conducono alla cappella della Santa, sono venuti alla luce un’antica finestrella, la ruota e una porta databili al XIV secolo. Lungo tutto il corridoio, che un tempo era di pietra a vista, si notano ancora le tracce dell’incendio trecentesco. In quell’occasione è stato ritrovato anche l’antico porticato del XVI secolo. Vi sono cinque colonne ben conservate con i rispettivi archi che erano stati chiusi da precedenti interventi architettonici. Il chiostro era formato da un porticato a colonne ed archi, tutto affrescato con arabeschi dei quali finora è stata riportata alla luce solo una parte. In esso era inserito un portico più piccolo con otto colonnine dai capitelli decorati a foglie di amaranto e ormai parzialmente distrutto, come si legge in un manoscritto dell’archivio del monastero, in seguito all’esplosione della polvere da sparo che le suore conservavano per i fuochi artificiali per la festa di Santa Rosa. Nel 1924 l’intero complesso della chiesa e del monastero è stato dichiarato monumento nazionale con Regio Decreto.
Dal 1263 le clarisse del monastero di Santa Rosa hanno gestito la struttura monastica, preservando il corpo della Santa in tutti gli aspetti, fino al dicembre 2015 quando hanno lasciato alle suore Francescane Alcantarine il grande e oneroso compito. L’arrivo di una comunità di vita attiva ha consentito l’apertura delle porte della clausura e di rendere visitabile al pubblico gran parte della struttura ora conventuale, permettendo così di assaporare l’emozionante atmosfera di beatitudine e santità.
DESCRIZIONE – ESTERNO/INTERNO
Giunti al Santuario di Santa Rosa, a destra della grande scalinata che immette alla chiesa, si trova l’ingresso del monastero dove attualmente vivono le suore Francescane Alcantarine.
L’entrata del monastero è quella tipica dei monasteri di clausura: un grande portone in legno dove spiccano le figure di santa Chiara e santa Rosa e le grate che con la ruota delimitavano il confine tra l’interno e l’esterno.
Sul soffitto un affresco di autore ignoto ascrivibile al XVII secolo con la raffigurazione di Santa Rosa e il Miracolo delle rose.
Sulla sinistra la grande cancellata, oltrepassata la quale si arriva all’Urna che custodisce il corpo di santa Rosa.
Prima di accedere all’Urna, nella parete sulla sinistra, sono state poste due vetrate per proteggere antichi reperti riportati in luce risalenti al XIV secolo: la porta di accesso dell’antica chiesetta di S. Maria dell’Ordine di S. Damiano e la ruota, entrambi murati dopo l’incendio trecentesco.
L’Urna di Santa Rosa, realizzata in bronzo dorato con ai lati due angeli in preghiera, è del 1699 e sostituisce le due precedenti casse in legno, una delle quali è custodita nell’adiacente Casa di Santa Rosa. I tondi delle pareti intorno all’urna, opera di autore ignoto, rappresentano Scene della vita e dei miracoli della Santa. Il corpo della Santa, annerito dai secoli e dall’incendio, è miracolosamente intatto e ricoperto da una tonaca di seta che periodicamente veniva sostituita dalle monache. L’ultimo cambio d’abito in ordine di tempo risale al 13 febbraio 1998. Con l’abito dimesso vengono confezionate reliquie per i fedeli. L’abito che ricopre il corpo di S. Rosa è di colore grigio, anticamente il colore della penitenza. L’autore dell’Urna di Santa Rosa, Giovanni Giardini di Forlì fu l’argentiere della casa reale di Londra.
Sul lato sinistro della cappellina che accoglie l’Urna sono collocati due reliquiari: uno donato da papa Pio XI nel 1929 che contiene il cuore di santa Rosa, separato dal resto del corpo durante la prima ricognizione avvenuta nell’anno 1921, e uno che contiene i vinaccioli ritrovati a livello del bacino e probabilmente facenti parte dei resti dell’ultimo pasto consumato dalla Santa.
Il 2 settembre di ogni anno il reliquiario contenente il cuore di santa Rosa viene portato processionalmente per le vie di Viterbo preceduto dal prestigioso corteo storico e dai facchini di Santa Rosa
Alle spalle dell’Urna è stata allestita una mostra permanente dal titolo Dalla Reliquia alle reliquie: la santità di Rosa visibile e tangibile (Rava-Sedda, Dalla Reliquia alle reliquie).
Proseguendo il percorso si incontra l’antica Sala capitolare, luogo dove le monache si riunivano in capitolo per affrontare comunitariamente la gestione della vita quotidiana. Ad abbellire la sala sono una serie di sedili in legno del XVIII secolo, due affreschi che chiudono sui lati corti la sala e due tele posizionate al centro delle pareti lunghe.
La scena affrescata nella parete nord, di autore ignoto, rappresenta La Santissima Trinità, opera del XVII secolo, mentre nella parete sud, sempre di autore ignoto, è raffigurata La Vergine Addolorata, trafitta al cuore da un dolore simbolicamente raffigurato da sette spade che rievocano, appunto, i sette dolori della Vergine evinti dai Vangeli: la profezia dell’anziano Simeone sul Bambino Gesù; la fuga in Egitto della Sacra Famiglia; la perdita del Bambin Gesù nel Tempio; l’incontro di Maria e Gesù lungo la Via Crucis; Maria ai piedi della croce mentre Gesù è crocifisso; Maria che accoglie tra le sue braccia Gesù morto; Maria che vede seppellire Gesù.
La tela nella parete ovest, del XVII secolo, rappresenta un Nobile coronato seduto in trono(la corona e il taglia carte con il giglio possono rimandare o alla locale famiglia Farnese o alla famiglia Medici o addirittura alla famiglia reale francese dei Valois). Sul lato opposto un’altra tela del XVII secolo con la scena della Flagellazione.
Al centro del soffitto un’affresco databile al XVI secolo con la raffigurazione dell’Incoronazione della Vergine.
Scendendo una breve rampa di scale si ha l’accesso all’Antico Coro: luogo dove le monache si riunivano in preghiera e ora le suore francescane Alcantarine aprono le porte affinché i fedeli possano vivere i momenti di preghiera con loro: la Santa Messa, le lodi e i vespri. L’arredo del coro è tutto in legno ed è della fine del’500 o inizi del successivo e fu fatto per volontà del canonico Scacciaricci. La vetrata del coro risale agli anni 1980 ed è stata fatta dal romano Guarnieri posta verso oriente raffigura i Santi Patroni di questo luogo Santo: la Vergine Maria, San Francesco, Santa Chiara e due monache che simboleggiano la vita consacrata.
Dalla sala capitolare si accede al Refettorio Antico (XVII secolo), caratterizzato da un grande ambiente coperto da volte a botte, in cui si conservano i coevi stalli lignei approntati da artisti ignoti. Alla stessa epoca risalgono sia le mense lignee sia il grande affresco che chiude sul lato sud l’aula con il soggetto dell’Ultima cena datato A.D. M.DGXI, chiuso in alto dalla scritta all’interno di un cartiglio: SACRUM CONVIVIUM DD; e l’altro sul lato opposto con la scena della Madonna con Bambino e Santi realizzati da artisti ignoti sopra questo un cartiglio ospita la scritta FONSICEMENTUM PERENNIS. Sempre di Ignoti sono il Ciborio ligneo posto al centro del lato lungo del salone e l’affresco nella lunetta soprastante con l’Assunzione in cielo di Cristo. Al centro della volta uno stemma araldico sovradipinto con l’arma del Cardinal Muti.
La tradizione vuole che le mura perimetrali del refettorio siano state poste sul vecchio castello di Federico II. Al momento l’accesso a questi locali non è aperto al pubblico, in quanto la sala è stata dichiarata inagibile dalle autorità competenti.
Dal refettorio antico si accede alla sala delle colonne – così chiamata per le colonne possenti al centro della sala. Momentaneamente la sala è in restauro e non accessibile. Da qui è possibile accedere al piano superiore, al salone del ’400, caratterizzato da un grande ambiente rettangolare sostenuto da quattro grandi archi a sesto acuto in peperino, con copertura realizzata in travi di legno e pianelle. Anche questi locali non sono, per il momento, aperti al pubblico. Sulle pareti di fondo della sala affiorano dalle scialbature lacerti di affreschi. Nel lato sinistro una Madonna con Bambino del XV secolo, nel lato destro, attorno ad una nicchia rettangolare, che presumibilmente fungeva da sacra olea, una finta architettura con girali floreali. All’inizio della grande sala rettangolare, sul lato destro, una porta sopra cui troviamo un affresco che riproduce un’epigrafe su finto marmo che che riporta:
PRED. NONAS. SEPTEMBRIS MDCCCLV6 / QUOD. PIUS. IX PONT. MAX. / IN HAC. CELLULA / UNA. CUM. IV. CARDINAL. ET COENOBEI ABATISSA / MIRA. ORIS. ET. ADLOQUII. FAMILIARITATE [. ] / [. ST ] [C]ENIACULO REFECCBIT / NE. LOC: DECUS. SNTES […ST..] / SANCTIMONIALES [ ACE ]
A fianco dell’epigrafe, un affresco con una Madonna con Bambino del XVIII secolo, da non mettere in relazione con l’iscrizione del XIX secolo.
Una volta oltrepassato il portone di legno all’entrata, superata una rampa di scale, troviamo una loggia/corridoio, caratterizzato da un colonnato che si apre a sinistra verso il chiostro e una copertura con volte a crociera completamente affrescate con motivi vegetali e rose realizzato nel 1787 come attestato nella lunetta sopra il portale ( ANNO MDCCLXXXVII), che immette ai diversi ambienti del monastero.
Sulla sinistra della loggia/corridoio si trova il chiostro. Il giardino, realizzato in pianta romboidale, conserva al centro una fontana in peperino, con tazza maggiore quadrata polilobata. Una colonna a peliche si erge al centro della fontana, decorata con un motivo a scaglie di pesce, al di sopra della quale è la tazza minore a sezione circolare. Da questa, due decorazioni floreali a rosa e due volti femminili contrapposti fra loro nella svasatura esterna nei quattro punti cardinali, conservano altrettante cannelle dalle quali confluisce l’acqua nella tazza sottostante. La fontana risale probabilmente ai lavori di rifacimento che interessarono la chiesa nel 1646 (Piana Agostinetti, Fontane, pp. 106, 114). Grandi rose in peperino sono ottenute a terra nei quattro vialetti che immettono alla fontana. Siepi regolari, alberi e roseto delimitano nel chiostro i due viottoli che si incrociano al centro con la fontana.
A destra della porta carraia del monastero si trova la Sala del Pellegrino utilizzata per accogliere i gruppi e dare ospitalità ai pellegrini, momentaneamente chiusa al pubblico per imminenti lavori di restauro. A breve avrà inizio anche la ristrutturazione dei locali adiacenti a detta sala, dove verrà allestito un polo museale. Il monastero è circondato da giardini a terrazze dove fioriscono rose di ogni tipo e dove sono stati piantati alberi da frutto di ogni genere.
Nel giardino del convento, posizionata sul lato est, troviamo un’altra fontana, stilisticamente riferibile al XVII secolo. Anche di questa non esiste documentazione (Piana Agostinetti, Fontane, pp. 106, 114). Realizzata in peperino, è composta da due tazze sovrapposte. Alla base, quattro zampe di leone sostengono tutta la struttura. Al di sopra due tazze degradanti. La maggiore decorata con un semplice orlo lobato nella svasatura. La seconda, più piccola, presenta una decorazione semplice realizzata con quattro rose posizionate ai vertici, da cui, al centro di ognuna esce il cannello che rifornisce l’acqua alla vasca sottostante. In alto, chiude la decorazione una sorta di giglio rovesciato sul cui vertice appare scolpita una piccola rosa. Sempre nel giardino nel lato nord est, troviamo addossate alle mura perimetrali, una serie di piccole cappelle edificate a ridosso del muro di cinta della città.
Annesso all’accesso interno del convento, troviamo gli ambienti della lavanderia (lavatoio e stenditoio). Nella terrazza sottostante, nel lato sud, un grande vascone rotondo, forse un tempo adibito a contenitore/cisterna – lega per la distribuzione delle acque e per le coltivazioni un tempo esistenti presso il monastero.
Presso il complesso monastico di Santa Rosa da Viterbo vi è anche uno spazio espositivo riguardante la tradizione e il culto di Santa Rosa dove è possibile acquistare gadget: la Casa di Santa Rosa, divenuta ormai Museo Casa di Santa Rosa. Sono alcuni documenti conservati nell’archivio del monastero ad informare che solo nel 1661 fu acquistata dalle monache quella che veniva indicata già come la casa di Santa Rosa, meta di pellegrinaggi fin dal XV secolo (Signorelli, Santa Rosa p. 224; Casagrande-Rava, Santa Rosa e il fenomeno della reclusione, p. 1023). Tale luogo di devozione è rimasto immutato nel tempo. Oggi quelle piccole stanze annerite sono consacrate al raccoglimento e alla preghiera. Dal piccolo giardino si accede alla casa formata da due piccoli ambienti al piano terra e da un piccolo ambiente al primo piano. Diverse opere sono esposte all’interno, tra cui una statua in legno di santa Rosa laminata in oro, una cassa reliquario, numerose testimonianze religiose, paramenti ed arredi sacri, calici, reliquiari, candelieri; numerosi sono anche gli ex-voto in argento, dipinti su tela, su tavoletta o in forma di bozzetti raffiguranti la vita di Santa Rosa (cfr. Rava-Sedda, Per grazia ricevuta). Uno dei due piccoli ambienti è stato destinato a cappella con la costruzione di un piccolo altare dove saltuariamente viene celebrata la Santa messa.
In ultimo, ma di fondamentale importanza è l’Archivio del monastero di Santa Rosa, prezioso e illimitato contenitore di documenti ed oggetti legati al culto della Santa. Dal 2011 l’archivio è tutelato dal Centro Studi Santa Rosa da Viterbo Onlus, un’associazione che nasce con lo scopo precipuo di tutelare e valorizzare l’Archivio del monastero di Santa Rosa a Viterbo, dando impulso all’arte e alla cultura e promuovendo la ricerca storica sulla Santa, sul monastero che da lei prende il nome, nonché sulla storia sociale, politica e religiosa di Viterbo (www.centrostudisantarosa.org).
BIBLIOGRAFIA
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Andreucci A. G., Notizie Critico-Istoriche dell’Ammirabile S. Rosa Virgine Viterbese, Roma 1750
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Piacentini p. E., Il libro dei Miracoli di Santa Rosa da Viterbo, Roma 1991
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Signorelli M., Santa Rosa da Viterbo, Viterbo 1963
Vacca A. M., La menta e la croce. Santa Rosa da Viterbo, Roma 1982
*Vauchez A., Rosa una santa per la città, Viterbo 2015
Le opere precedute da * sono edite per i tipi di Centro Studi Santa Rosa da Viterbo Onlus.
Fonti per la ricostruzione della vita di santa Rosa
(Rava-Sedda, Santa Rosa nei libri)
1) Titolo: Vita I
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Diplomatico s.n.
Epoca: seconda metà del XIII secolo.
La cosiddetta Vita I fu scritta da un anonimo nella metà del XIII secolo, come conferma anche lo stile compositivo e la lingua. É conservata in un solo frammento membranaceo, mutilo nel suo principio e nella sua fine, conservato nell’Archivio del monastero di Santa Rosa. Questa Vita è piuttosto stringata, senza troppo enfatizzazioni e alquanto verosimile. Data la vicinanza temporale dell’autore con i fatti narrati la Vita I non è stata contaminata né dalla retorica agiografica né dalle inverosimiglianze della tradizione popolare. In essa sono contenuti l’ultima parte della vita di santa Rosa e alcuni miracoli da lei operati in vita (cfr. E. Piacentini, Il libro dei miracoli, pp. 46-48; Abate, Santa Rosa, pp. 139-58).
2) Titolo: Vita II
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, ms. 2 palch. 7 n. 163, cc. 57-74
Epoca: prima metà del XV secolo.
La cosiddetta Vita II fu composta da un anonimo nella prima metà del XV secolo ed è conservata nella versione originale latina all’interno del processo callistiano alle cc. 57-74. L’edizione critica fu curata da padre Abate e la traduzione italiana da Paolo Cenci. Su di essa si basano tutte le biografie successive. L’autore non si attiene rigorosamente alle fonti antiche, ma le amplifica e le trasforma a svantaggio della verità storica (cfr. E. Piacentini, Il libro dei miracoli, p. 48; Abate, Santa Rosa, pp. 232-53).
Per accrescere la devozione: tra predicazione e letteratura
(Rava-Sedda, Santa Rosa nei libri)
1) Autore: Girolamo Vittori
Titolo: Vita di santa Rosa
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, ms. 2 palch. 2 n. 191
Epoca: 1616
È la prima biografia della Santa scritta in volgare italiano. L’autore, un canonico di Viterbo, compose la vita nel 1616 e la dedicò alle monache del monastero delle Clarisse di Viterbo, delle quali era confessore. La vita è inedita e comprende 46 capitoli, piuttosto brevi, in cui si narra della vita, del processo di canonizzazione e soprattutto dei miracoli post mortem. Le fonti cui attinge Vittori sono la Vita II e il processo Callistiano. L’opera non può considerarsi una biografia critica anche a causa di grossolani errori (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 118).
2) Autore: Pietro Coretini
Titolo: Historia di s. Rosa viterbese. Raccolta dal suo processo e da altre memorie autentiche e composta dal signor Pietro Coretini di Viterbo con cinque rosari di meditazioni pie sopra la vita, morte e miracoli della medesima Santa, in Viterbo, per il Diotalleui, 1638
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch. 5 n. 71, 1 F.to B
Epoca: 1638
L’autore è un laico e storico erudito viterbese. La vita, pur presentando pagine assai belle e una fluida e gradita lettura, non può considerarsi una biografia critica a motivo di una erronea cronologia della Santa non conciliabile con i documenti a nostra conoscenza. L’autore indulge anche in una serie di libere e fantasiose interpretazioni delle fonti. Molte biografie successive si ispirarono ad essa, trascinandosi dietro le sue imprecisioni storiche (cfr. Abate, Santa Rosa, pp. 119-20).
3) Autore: Pietro Coretini
Titolo: Istoria della vita di s. Rosa vergine viterbese. Raccolta dal suo processo, e da altre memorie autentiche, descritta già dal signor Pietro Coretini in questa seconda impressione riveduta, ed accresciuta di nuovi miracoli, e altre cose notabili, in Viterbo, nella stamperia di Giulio de’ Giulii, 1702.
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch. 5 n. 70-1, F.to Epoca: 1702.
La seconda edizione del Coretini fu glossata a margine con referenze bibliografiche che cercarono di correggere le imprecisioni della prima edizione. Questa seconda edizione mostra comunque la grande diffusione e l’interesse che suscitò la biografia del Coretini, che certamente influenzò la costruzione dell’immagine della Santa nel cuore dei suoi concittadini.
4) Autore: Giovanni Selli
Titolo: Vita e miracoli di santa Rosa vergine viterbese. Compendio storico-sacro del dottore Giovanni Selli, Viterbo, presso Camillo Tosoni, 1828
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch. 6 n. 74-1, F.to B
Epoca: 1828
L’autore è un medico viterbese, che attinge a piene mani alla biografia del Coretini. Lo scopo dichiarato di quest’opera è quella di accrescere la devozione per la Santa, motivo per cui l’autore predilige la descrizione delle grazie miracolose della Vergine viterbese e della diffusione del culto a Viterbo e fuori (cfr. Abate, Santa Rosa, 123).
5) Autore: Mons. Antonio Briganti
Titolo: S. Rosa di Viterbo ed il suo secolo, Venezia, Tipografia Emiliana, 1889
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, D palch. 8 n. 9, F.to A
Epoca: 1889
Si tratta di una narrazione edificante e a fini apologetici e morali, di notevole interesse per la conoscenza del tempo in cui visse la Santa. Le notizie storiche su Rosa sono quelle allora comuni e tutte di seconda mano (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 126).
6) Autore: p. Girolamo da Rassina, o.f.m. cap.
Titolo: Santa Rosa da Viterbo la fanciulla prodigio, Viterbo 1945
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1945
Il sottotitolo indica che lo scopo dell’autore è quello della presentazione del culto e dei miracoli della Santa viterbese (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 128).
7) Autore: prof. C. ° Francesco Felli
Titolo: Serto di fiori poetici alla eroina di Viterbo santa Rosa, Viterbo 1901
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1901
Autore nel 1881 di una traduzione di un inno di Prudenzio in lode di s. Ippolito martire e nel 1893 di una guida alla Cappella Borghese in Santa Maria Maggiore, nel 1897 compone il dramma lirico Santa Rosa di Viterbo, musicato da Ernesto Guerra e nel 1901 l’opera che si espone, Serto di fiori poetici.
8) Autore: Maria Castiglione Humani
Titolo: Rosa da Viterbo. La santa guerriera, Roma 1941
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1941
Dotta e sensibile scrittrice francescana è autrice di numerose biografie su donne sante tra cui, oltre a Rosa da Viterbo, Angela da Foligno, Francesca Romana, Chiara da Montefalco ed altre.
Le biografie ‘critiche’: ottocento e novecento
(Rava-Sedda, Santa Rosa nei libri)
9) Autore: Bassiano Sbigatti
Titolo: Vita di santa Rosa vergine viterbese del Terz’Ordine di San Francesco recata in compendio di annotazioni accresciuta, e d’un’appendice sull’anno della sua beata morte da Bassiano Sbigatti sacerdote palermitano dedicata alla nobil donna Agata Lambertini Selvi, in Viterbo , per Domenico Antonio Zenti, 1772
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch. 6 n. 72, F.to B
Epoca: 1772
L’autore, sacerdote palermitano, scrisse questa biografia con purezza di lingua e chiarezza di espressione. Segue la cronologia stabilita in modo critico dai padri Bollandisti. Alla fine dell’opera compone un inno alla Santa in latino, fornendone anche la traduzione in italiano (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 123).
10) Autore: Bernardino Mencarini
Titolo: Racconti della vita de’ prodigi e del culto di santa Rosa vergine viterbese esposti da Bernardino Mencarini, Viterbo, nella stamperia Poggiarelli, 1828
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch 6 n. 73, F.to B
Epoca: 1828
Lavoro serio e meritevole di lode per il rigore critico e il senso storico del suo autore. L’autore ha anche il merito di inquadrare nel contesto storico viterbese la vicenda biografica della Santa (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 124).
11) Autore: Filippo Monaci
Titolo: Vita di santa Rosa vergine viterbese descritta dal p. Filippo Monaci, Frascati, Tip. Tuscolana, 1889
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch. 6 n. 76, F.to B
Epoca: 1889
L’autore è un gesuita viterbese; la sua biografia ebbe notevole successo come attestano le diverse ristampe. Si propone di tralasciare i racconti popolari e privi di fondamento storico a vantaggio di una biografia più critica, pur non essendo esente da imprecisioni, come nota l’Abate. Di rilievo l’appendice aggiunta nella ristampa del 1889, in cui si tratta del culto della Santa (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 124).
12) Autore: Anonimo
Titolo: Vita di santa Rosa vergine viterbese, Viterbo, Tip. Donati e Garbini, 1895
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Antico, C palch. 6 n. 75, F.to B.
Epoca: 1895
Nonostante il carattere meramente pietistico la biografia sulla Santa viterbese si presenta assai buona per quei tempi (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 126).
13) Autore: Gavino Polo
Titolo: Rosa, Viterbo 1948
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1948
Pittore viterbese attento alla conservazione del patrimonio culturale della sua terra attraverso la sua arte ed interventi esplicativi e conservativi della memoria collettiva.
14) Autore: Fausta Casolini
Titolo: La serafica s. Rosa da Viterbo, Roma 1952
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1952
L’autrice oltre alla figura di Rosa ha dedicato diversi saggi ad argomenti francescani.
15) Autore: p. Giuseppe Abate o.f.m.conv.
Titolo: S. Rosa da Viterbo, Terziaria Francescana (1233-1251). Fonti storiche della vita e loro revisione critica, Roma 1952
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1952
Il frate Minore Conventuale, storico dell’Ordine, si cimenta in un saggio critico in cui oltre alla ricostruzione storica della cronologia della Santa, presenta e edita per la prima volta in una raccolta unitaria le fonti primarie sulla Vergine viterbese.
Lontano da viterbo: santa Rosa nel mondo
(Rava-Sedda, Santa Rosa nei libri)
16) Autore: Abbè D. Barascud
Titolo: Sainte Rose de Viterbe, Paris, Librairie Ch. Poussielgue, 1862
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1862
La biografia fu scritta con uno stile piacevole e devoto, anche se non manca di qualche imperfezione storica. L’autore conosce la principale bibliografia dell’epoca, come dimostra nell’attingere varie opere (cfr. Abate, Santa Rosa, p. 125).
17) Autore: L. de Kerval
Titolo: Santa Rosa da Viterbo. Traduzione italiana pubblicata per cura del Consiglio Superiore della G.F.C.I., Milano 1921.
Collocazione: Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Fondo Moderno s.n.
Epoca: 1921
È giudicato da Abate come il migliore testo biografico, anche se non manca di alcune imprecisioni sulla cronologia. Pur non apportando nuove fonti usa quelle conosciute ed edite esponendole con brevità e chiarezza. L’edizione in francese risale al 1896, la traduzione italiana è a cura del Consiglio Superiore della Gioventù Femminile Cattolica Italiana (cfr. Abate, Santa Rosa, 126-27).
18) Autore: Frate Minore Manoel do Sepulchro
Titolo: Rosa franciscana. Trattado da prodigiosa vida da virgem s. Rosa de Viterbo, filha professa da veneravel ordem Terceira da Penitencia de N.P. seraphico s. Francisco, Lisboa, Na Officina de Antonio Rodriguez d’Abrev, 1673.
Collocazione: Collezione privata
Epoca: 1673
Frate Minore (1592-1674) vestì l’abito nel 1613. La vita è divisa in due parti, la seconda delle quali serve ad avvalorare quanto raccontato nella prima parte un po’ troppo fantasiosamente.
Biblioteca provinciale San Paolo dei Cappuccini