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CHIESA DI SANT'IGNAZIO
LA STORIA
La costruzione della Chiesa di Sant’Ignazio è iniziata nel 1662 e terminata nel 1670. Fu aperta al culto il 30 Luglio 1671 grazie al contributo finanziario delle famiglie Bussi, con ottomila scudi, in particolare da Girolamo, facente parte dell’Ordine dei gesuiti. Una altra parte di contributi arrivò dalla famiglia Spadenzi. Donato Spadenzi contribuì con millecinquecento scudi d’oro all’erezione della chiesa, lo si legge in una epigrafe posta all’interno della chiesa. La chiesa fu consacrata da Rodolfo Acquaviva, Governatore del Patrimonio e Arcivescovo di Laodicea. L’episodio è ricordato con l’epigrafe sulla controfacciata al di sopra della porta di ingresso con inserito lo stemma in marmo della famiglia Bussi: D.O.M., in honorem D(ivi) Ignatii, Societatis iesu institutoris famiglia Bussia templi huius fundatrix ddd anno domini MDCLXXI. Al lascito dello Spadensi ne fece seguito un altro, più consistente, di Domenico Brunacci il quale cedette il terreno con casino alla Quercia. I Brunacci, originari di Vasanello, sono a Viterbo già nella metà del XIV secolo. Il loro stemma è: d’argento a due branche di orso d’oro passante in croce di sant’Andrea, con le unghie rivolte in alto, accompagnate da tre cipolle di rosso con la coda in giù, due in capo ed una in punta. Fino al 1774 e successivamente fra il 1868 e il 1872 fu sede dei Gesuiti. Nel 1837 a spese del Seminario vennero eseguiti lavori sulla facciata su disegno di Vincenzo Federici per una spesa di tremila scudi. Alla fine del XIX Sec. furono eseguiti restauri all’interno della chiesa ad opera dell’artista Castore Costantini. All’interno una lapide ricorda che nel 1821 Papa Leone XIII ricevette in questa chiesa la sua Prima Comunione. La chiesa già affidata alla comunità terapeutica CEIS negli anni ’80 dal Vescovo Luigi Boccadoro, recentemente, (21 Gennaio 2014) è stata affidata dal Vescovo Lino Fumagalli alla Parrocchia romeno ortodossa di “San Callimaco di Cernica”.
ESTERNO
La facciata, divisa in due orizzontalmente è decorata in basso da lesene in peperino, pietra locale. Al portale d’ingresso si accede attraverso tre gradini. La parte superiore della facciata è composta da una finestra ad arco abbellito con specchiature rettangolari. La decorazione in alto è composta da festoni di frutta. La facciata è sormontata da un timpano. Sotto il timpano è scolpita la scritta In ho. S. Ignatii l.sem. erexit a. D. MDCCCXLIII. L’altezza della facciata risulta diversa dall’altezza della navata. Lisce e intonacate le facciate laterali. Le cappelle laterali presentano all’esterno altezze diverse. La campana grande e la campana mezzana risultano poste dalla Compagnia del Gesù nel 1727. La piccola reca l’anno 1280 con iscrizione in caratteri gotici.
INTERNO
La chiesa è composta da tre navate. Nelle navate laterali si aprono diverse cappelle. Ricca di marmi policromi e scandita da pilastri decorati, sormontata da una cupola. A destra di chi entra vi era il quadro Angeli ascendenti di ignoto con cornice dorata con due cherubini. Segue lo stemma degli Spadenzi. Lo storico viterbese Signorelli lo descrive così: “d’azzurro, a due spade d’argento, guarnite d’oro, passate in croce di S.Andrea, sormontate da tre gigli d’oro, ordinati in fascia. Sotto vi è l’epigrafe di Feliciano Bussi del 1709 apposta in quell’anno sulla piccola porta della sagrestia presso la cappella di San Francesco Borgia eretta nel 1703.
D.O.M./ Donato Spadentio/ex equestri Ordine S.Stephani/ ob aureos mille et quingentos/huic templo S.Ignatii/supremis tabulis legatos/grati animi monumentum/ posuit/ Collegium Viterbeiense Societ:Iesu/anno MDCCIX.(vedi Foto) Donato Spadenzi contribuì con millecinquecento scudi d’oro all’erezione della chiesa.
Segue la cornice d’orata in cui era il quadro eseguito nel ‘700 da un discepolo di Anton Angelo Bonifazi raffigurante l’immagine di San Francesco in basso è scritto Sacellum hoc S. Francisci/ Borgia clientis a terremotus/periculis vindicati ex orna/ runt/an 1709.
Segue la cappella di San Francesco Saverio, costruita nel 1677 da Domenico Sannelli e decorata a spese del figlio Ludovico. Sappiamo che l’anno seguente Bartolomeo Malavista fece fare il busto del santo in argento e lo inserì nella cappella. La cappella è ricca di marmi rari e pregiati. Pregiato paliotto d’altare con al centro una apertura lobata per l’inserimento delle reliquie con disegni ad ovale e rombi con rose Sul pavimento vi è una lastra con l’epigrafe a Domenico Sannelli, ancora più in basso vi è lo stemma dei Sannelli scolpito in peperino sulla pietra tombale. A fianco troviamo un organo barocco senza più le canne né strumento. L’altare maggiore era di giuspatronato della famiglia Bruni Franceschini della quale lo stemma è Partito al 1° leone rampante attraversato da una fascia al 2° una torre di due palchi merlata alla ghibellina finestrata accostata da due rose. In alto tra due colonne vi è il quadro ad olio con Cristo crocifisso che appare a Sant’Ignazio Eseguito da Ludovico Mozzanti nel 1745-6. Secondo la storia della vita di Sant’Ignazio, ex soldato di Pamplona, venendo a Roma sostò nel villaggio di La Storta lì gli apparve il Cristo. Il tabernacolo è in splendidi marmi policromi. Sul lato destro dell’altare vi è un epigrafe con l’effige di papa Leone XIII commemorativa del 75° anno dalla prima comunione del pontefice con la scritta in lettere dorate. Egli quando era seminarista ricevette la prima comunione nella chiesa di Sant’Ignazio nel 1821. Sulla sinistra dell’abside è murata una epigrafe trovata nelle catacombe di Protestato sulla tomba di una giovane martire Irene dulcis e scolpito un cuore da cui esce un dardo saggittante. Vi è stata unita l’epigrafe del 1854: Has v. et. m. reliquias nomini Irene Dulcis inscriptas / Romae in caemeterio Praetextati inventas / atque a Pio papa IX donatas / Mattheus Eustachius Gonella neocesareensis archiep. / apud Belgarum regem legatus / in suo sacello publicae / venerationi exponebat / habita a pontifice maximo facultate / quot annis prima dominica septembris / sacrum solemniter celebrandi / anno / MDCCCLIV. Nella cupola troviamo decorazioni sulle vele eseguite da Pietro Vanni nel XIX sec. mentre al centro della volta della navata e sulla controfacciata vi è lo stemma di Papa Leone XIII . Segue la Cappella Calabresi, edificata nel 1687 da Girolamo Calabresi eseguita da uno scalpellino di Roma. Sull’altare un paliotto con due grandi girali di fiori. Sull’altare era presente un quadro, una Madonna con Bambino che secondo lo Scriattoli presentava affinità con le Madonne del Murillo. Il Corentini attribuisce la tela a Bartolomeo Cavarozzi. Il quadro è stato rubato nel 1999 e poi recuperato. Nel secondo andito vi è l’epigrafe che ricorda la consacrazione della chiesa da parte del vescovo Brancaccio avvenuta il 18 Aprile 1672.
Stephanus archiepiscopus brancaccius/ episcopus Viterbiensis et Tuscanensis/templum hoc et altare maius/ in honorem S. Ignatii/solemni ritu consecravit / die XVIII aprilis anno MDCLXXII/ statuitque festumdedicationis/cum sua quotannis indulgentia/ die XXXI augusti celebrandum. Il soffitto è decorato con fregi e fiori classici dell’800. Nei testi antichi si parla di un quadro presente nella sagrestia con una Crocifissione attribuita a Michelangelo.
BIBLIOGRAFIA
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